Qualche riflessione strettamente personale
“Vino convenzionale, industriale, biologico, biodinamico, naturale, artigianale, di territorio, libero, sostenibile…” Da un paio d’anni infuria la polemica sulle definizioni, in merito a chi ha il diritto di utilizzare un termine o meno, in particolare per quanto riguarda la legalità del termine specifico “naturale”. Questa battaglia di terminologia è portata avanti soprattutto da associazioni di categoria, giornalisti e blogger del settore, enologi, sommelier, produttori grandi e piccoli, distributori e commercianti. Risultato? Un totale disorientamento di chi, alla fine, il vino lo compra e lo beve.
Vediamo alcuni esempi.
a) Cerco un vino che soddisfa semplicemente il mio gusto personale senza pormi domande in merito alla metodologia di produzione? Ho una vastissima scelta in una delle tante enoteche esistenti. Posso chiedere consigli sulla tipologia di vino, sull’annata, sugli abbinamenti, ecc.
b) Cerco un vino che sia certificato biologico? Oggi è possibile, dopo l’approvazione del regolamento europeo. Cercherò sull’etichetta il logo europeo.
c) Sono allergico ai solfiti? Chiederò un vino “senza solfiti aggiunti”, che attualmente è possibile trovare sul mercato, che si tratti di vino biologico o meno.
d) Voglio un vino senza additivi? Attualmente è possibile trovare sul mercato, tramite associazioni di produttori, vini ottenuti tramite la pratica della fermentazione alcolica spontanea, grazie all’attività dei lieviti naturalmente presenti sulle uve e in cantina; spesso per fare questi vini vengono utilizzati metodi tradizionali di vinificazione, che rispettano il territorio.
e) Voglio un vino che presenti tutte insieme le caratteristiche indicate in precedenza? Ovvero che sia buono (gusto soggettivo), certificato biologico, salubre, senza additivi aggiunti ed espressione del carattere di un territorio? Sicuramente trovo anche quello, basta informarsi.
Non credo si debba affermare che “a sia meglio di b” o “d sia meglio di c”, ma che sia molto importante dare sufficienti informazioni, al consumatore finale, per permettere una libera scelta.
Purtroppo, ad oggi, non è ancora possibile, come avviene invece per gli alimentari, utilizzare uno strumento semplice come l’etichetta, per indicare cosa contiene un vino e come è stato prodotto.
E’ auspicabile tuttavia utilizzare tutti i mezzi possibili per recuperare le informazioni di un vino tramite l’esperienza diretta (visite alle cantine, degustazioni, fiere di settore, …) e il web, che può essere utilizzato efficacemente dalle aziende per comunicare in modo approfondito il proprio modo di lavorare.
Alberto Rossi